Denominazione
Geolocalizzazione
Isernia (IS)
Descrizione
Per la lavorazione del merletto a tombolo (ru pezzeglie) sono necessari molteplici utensili, primo fra tutti il tombolo, o cuscino d’appoggio, a forma cilindrica, chiamato pallone (ru pallon) ad Isernia; su di esso viene applicato il cartone con il disegno da eseguire, il quale viene forato dagli spillini volti a saldare sullo stesso i fili intrecciati. Il pallone viene adagiato su un sostegno in legno ad assi incrociate, detto trespolo o scannetto (ru scannett), dell’altezza di 60/70 cm circa e al cui centro è presente un contenitore dove custodire i vari strumenti da lavoro. I fuselli, o tummarieglie, sono degli arnesi in legno dalla forma affusolata impiegati per lavorare i merletti e il loro numero può variare e aumentare in base alla complessità dell’opera da realizzare. Sono indispensabili, inoltre, un finissimo uncinetto per la legatura di alcune maglie e le forbicine per tagliare i fili in eccesso.
Mentre i punti base della lavorazione non sono mai mutati e hanno conservato, e conservano tuttora, i tratti originari, i motivi e gli stilemi adottati per le opere sono gradualmente cresciuti in numero ed eterogeneità in seguito alle molteplici variazioni di gusto delle committenze e delle esecutrici e alle commistioni tra popoli e culture sorte nel corso dei secoli. Ciò ha provocato tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento una netta distinzione tra il tombolo antico, caratterizzato da una lavorazione densa, complessa ed estremamente ricercata, e quello moderno, più rapido, snello ed essenziale. La lavorazione antica presentava “ru laccett, una fascetta fitta con al centro un filo più doppio (quasi sempre di seta lucida), detto cordonetto, che dava risalto al disegno di foglioline e fiori lavorati a punto pieno” (Rossi, Giancola 2008: 88). In quest’ultimo caso, si tratta dei punti core e sciure, cuori e fiori, tra i più impiegati nel tombolo antico, oggi purtroppo quasi completamente abbandonati e sostituiti da elementi floreali e nodi, fiocchi ed intrecci.
Anche le reti, che arricchiscono il merletto e fanno da sfondo alle decorazioni, possono essere di differenti tipologie: la reticella, la rete a punta, a mezzo punto, a mattonella (a Isernia detta a pagnottella), a nido d’ape, a velina, a tulipano (o martellata), a foglioline e a migliardino. Le legature, invece, sono indispensabili per la lavorazione in quanto ne garantiscono saldezza e integrità.
Notizie aggiuntive
Il vocabolo ‘merletto’ fa la sua prima comparsa nel corso del Cinquecento, intendendo sia la lavorazione ad ago sia quella a fuselli, entrambe volte a decorare gli indumenti dei signori, e traendo l’origine del suo nome dalla merlatura delle fortificazioni medievali.
A differenza della tecnica ad ago, la cui nascita è abbastanza nota e riconducibile alla Venezia di metà Quattrocento, le origini di quella a fuselli, denominata in un secondo momento a tombolo (facendo riferimento al tumulus, ovvero il cuscino d’appoggio utilizzato durante l’esecuzione), sono dubbie e tutt’oggi contese tra la Serenissima, la città di Anversa e il Regno di Napoli.
Risale al 1476 la prima citazione che allude alla lavorazione a piombini, prototipi dei fuselli. Nel Libro dei creditori e debitori del registro di guardaroba estense, infatti, si attestano alcune lavorazioni promosse dalla duchessa di Ferrara, Eleonora d’Aragona, in vista dell’arrivo in città della sorella divenuta Regina d’Ungheria: “la cordella de oro e de seda crimisina, overo friseto facto a piombini per apparare la camera dove dormiva la Reina d’Ungheria che de chorto se specta” (Rossi, Giancola 2008: 11). Tuttavia, soltanto nel 1536 si fa propriamente riferimento all’impiego di fuselli e filo bianco in Italia per la realizzazione di trine.
La pratica a fuselli si è diffusa progressivamente e in maniera irregolare in Italia e all’estero, coinvolgendo sia il ceto borghese che quello medio-basso e assumendo caratteristiche ben definite e nomenclature proprie in base all’area geografica di appartenenza.
La tecnica del merletto a tombolo ha visto la sua estensione nel centro storico di Isernia – nello specifico lungo l’asse di Corso Marcelli, ex decumano maggiore dell’urbs romana, e delle sue diramazioni – a partire dal XIV secolo, durante la dominazione aragonese, per mezzo del monastero di Santa Maria delle Monache; all’interno di esso, infatti, risiedevano giovani nobildonne che da Napoli vi portarono tale sapiente arte, insieme ad altri raffinati saperi e conoscenze.
La prima attestazione inerente al merletto di Isernia si rinviene proprio nel registro amministrativo Sulle converse et badesse de Sancta Maria de Yzernia del 1503 all’interno del quale si cita un “corredo di pezzi en merletto de Yzernia facto à donna Catherinella” (Rossi, Giancola 2008: 19). Nel corso del Cinquecento il centro isernino si afferma per la pratica del merletto a tombolo, diffondendone lo studio e l’esecuzione anche tra le giovani popolane e riscuotendo l’ammirazione da parte della regina Giovanna III la quale, avendo ottenuto da re Ferrante anche Isernia tra i possedimenti, intende apprendere l’elegante tecnica insieme alla figlia Giovanna IV proprio all’interno del convento femminile.
Cronologia
La raffinata lavorazione del merletto a tombolo è giunta ad Isernia tramite il convento di Santa Maria delle Monache nel corso del XIV secolo, affermandosi gradualmente all’interno del centro storico e diffondendosi anche tra i ceti più umili e modesti della società.
Alcuni studiosi tendono a definire il tombolo isernino come una ‘lavorazione del Circondario di Isernia’, escludendo quindi la priorità della sola città pentra, in quanto ha visto, nel corso dei secoli, la sua circolazione ed affermazione in comuni adiacenti e non (Acquaviva di Isernia, Carpinone, Fornelli, Montaquila, Monteroduni, Sant’Agapito, Venafro), giungendo persino verso i paesi della provincia campobassana e dell’area matesino-campana.
Tale pratica artigianale, preziosa ed elegante, non è mai stata completamente abbandonata, nemmeno durante l’ultimo conflitto bellico, quando le donne, giovani e adulte, lavoravano il merletto a tombolo per garantire il sostentamento finanziario delle proprie famiglie, private di padri e mariti, fratelli e figli chiamati al fronte. Presso l’Archivio storico comunale del capoluogo di provincia, inoltre, in un documento di una raccolta epistolare, si attesta nel 1938, solo ad Isernia, la presenza di 450 merlettaie che lavoravano in casa in circostanze particolarmente critiche e prive di alcuna tutela …